E un anno se ne va

Se non ci fossero albe e tramonti, se le lancette degli orologi non disegnassero circonferenze, se i calendari non avessero tutte quelle caselle bianche che ciclicamente si ripetono, non avremmo neanche le date di scadenza, e il latte, distrattamente abbandonato dentro la sua scatola di cartone senza date stampate che ne segnano la fine, lascerebbe un odore acido e marcescente nel nostro frigorifero. Ma arriva il tempo di buttarlo. É giunta l’ora ed è passata: il frigorifero è salvo. Credo che anche nella nostra vita ci sia bisogno di date di scadenza. Così una casella non riempita in un giorno qualsiasi dell’anno passato lascerà semplicemente più spazio da riempire in una casella del nuovo anno, alla pagina successiva del nostro calendario. Possiamo congelare qualcosa, portarlo nel profondo della coscienza per ritrovarlo fresco quando sarà il momento, riaprendo il nostro scomparto surgelati. Possiamo voltare pagina, istruire la nostra memoria, dare un volto ai giorni e alle ore che il sole e le lancette ci hanno insegnato a riconoscere, voltarci di spalle e dirgli addio. O semplicemente salutarlo, come si salutano i vecchi amici, quelli che sai che ci saranno sempre oltre i limiti spazio-temporali. Come Goldrake ed il Grande Mazinga.
Il tempo, per me, è una borsa tracolla capiente e spaziosa che apro e richiudo centinaia di volte ma che dentro conserva tutto quello che non si butta, non si dimentica e si porta sempre ovunque vada, cinghia sulla spalla e sacca appoggiata al fianco ... è anche una scatola da riempire di sogni e buoni propositi, di speranze e di sano ottimismo, di curiosità e di attesa ... ma a volte, è anche un baule da riporre in soffitta, di quelli tutti impolverati, che quando un giorno riaprirò, semmai ne sentirò la necessità, mi farà un po’ tossire con tutta quella nebulosa che esploderà nell’aria e mi ritroverò a frugare tra le vecchie chincaglierie e a sorridere ripensando a quel giorno in cui, quando finiva il 2007 ed iniziava il 2008, io mi mettevo a fare i soliti bilanci e a spolverare la mia vita.

Con la mia carta di imbarco, raggiante nell’attesa di una nuova città tutta da scoprire, prima di raggiungere il gate, mi toccherà fare i conti con l’addetto al controllo sicurezza bagagli, che con i suoi guantini di plastica trasparenti, vorrà sicuramente frugare nella mia borsa tracolla.
“Signorina, il suo bagaglio a mano eccede i 10 kg consentiti dalla nostra compagnia ...”
“Ehm ... si lo so ... ma che ci posso fare!? Questo 2007 mi ha portato un bel po’ di cose”.
Lo lascerò passare nel tubo a raggi X e superando con passo deciso la barriera del metal detector, mi soffermerò a guardarne la radiografia. Ci sarà di tutto in quella borsa che mi accompagnerà nel nuovo anno: dai bei ricordi in un isola, davanti ad un lago, in un casale in Abruzzo, in un rifugio in montagna o nelle giornate semplici e senza aspettative, ai progetti nati, visti crescere e realizzati. Ci sarà un bel viaggio nel Sud Est Asiatico che ha segnato un prima ed un dopo. Ci saranno anche le delusioni, che quelle poi aiutano ad essere più forti, e in parte bisogna sempre portarle con sé. Come l’aspirina, non si sa mai. Ci saranno persone da salutare ed altre da accogliere. Persone che inaspettatamente si rivelano amici. Vecchi amici che ritornano. E le solite che ti riempiono di conferme. Ci saranno quegli “insegnamenti di vita” che ti lasciano involontariamente le persone che ti feriscono. Ci saranno momenti che non torneranno più e che provocano nostalgia ma che lasciano comunque una scia decisa. La convinzione che anche dentro qualcosa di incompiuto, lasciato a metà, spezzato si potrà sempre ricostruire una parte importante che ne mostrerà il senso. Ci sarà anche la matura consapevolezza che alcune cose non potevano che andare come sono andate. Che era giusto così.
E finalmente salirò su quell’aereo. Magari con il posto vicino al finestrino. Una voce dall’altoparlante interromperà il vociare dei passeggeri intenti a sistemare i propri bagagli negli appositi scomparti:
“Allarme rosso. É stato rinvenuto un baule dal contenuto sospetto al Terminal C”.
Forse cercherò di sedare il panico generale e per sviare i sospetti su di me mi mostrerò tranquilla ma non troppo, oppure mi rifugerò in bagno, che tanto non ci riesco mai a fischiettare, guardare in alto e fare la vaga. Oppure mi metterò lì ad osservare dall’oblò l’intervento degli artificieri antisabotaggio alla ricerca di un ordigno inesploso o dei labrador che tirano il collare per annusare una qualche partita di coca. Ma non troveranno niente di tutto questo, solo qualche silenzio di troppo, quei silenzi che un po’ sono in parte bugie, la retorica, qualche rimorso, il passo lento di chi cammina nella direzione sbagliata quando sa già che non troverà quello che cerca, rinunciare, mostrare di sé solo la metà più conveniente, le apparenze e il contorno, il “non sta bene” e il “non si fa”, una maglietta regalata senza senso, il tempo in cui è giusto soffrire, il tempo che c’è da aspettare, il tempo in cui è troppo tardi per fare un passo indietro, i fiori di pesco e una lunghissima notte a Bangkok.
Così tutto tornerà alla calma. I passeggeri tireranno un sospiro di sollievo per il pericolo scampato. Le voci torneranno a rimbalzare nell’abitacolo dell’aereo e a sovrapporsi allo schiocco metallico delle cinture di sicurezza allacciate, le hostess chiuderanno gli scomparti dei bagagli a mano.
Ed io volerò a Berlino.
Buon 2008.