...a piedi nudi nel parco

02 luglio 2008

Misure

Dopo un periodo relativamente lungo di assenza eccomi di nuovo qui. Più o meno qui. In un’altra casa di un’altra piccola città che sto cercando di conoscere. Anche la casa è piccola, varata al mio ingresso come casa dei LEGO per via del colore e della forma dei mobili che ricorda i mattoncini della Mattel. Per non parlare del metaforico senso di incastro che contraddistingue la vita in un monolocale. Ma reduce da un mese passato in hotel dove ho cambiato quattro stanze, due piani e la reciproca posizione del letto e dell’armadio, qui di spazio ne ho da vendere. Si fa per dire, ovvio. Che servita e riverita, tra moquette rossa e colazioni pantagrueliche sento un po’ la mancanza di quella spaziosa hall con il tipo di turno alla reception che mi preparava la camomilla.
Ma tant’è. Addento il mio piatto di pasta scondita, e scrivo.
Dal mio balcone si gode un bellissimo tramonto. Anche se oggi il sole è un lunga strisciata rossa in dissolvenza per via di qualche nuvola superstite di un primo temporale estivo. Respiro un po’ d’aria fresca, stravaccata sulla sedia con i pedi all’aria. Mi tocca comunque fare i conti con le zanzare che dal Lungo Crostolo vengono in visita qui. Gli donerei volentieri una sacchetta di sangue se mi lasciassero scrivere in pace senza dovermi fermare ogni tre secondi ad applaudirle. Ne ho fatta fuori un’altra. Tiè. Ma d’altronde è mercoledì. E qui a Reggio Emilia il mercoledì si esce. Io faccio l’anticonformista; certe regole non mi sono mai piaciute. E resto sul mio balcone, al sesto piano di questa vivace palazzina, tra i tetti delle case con le tegole e i camini, qualche albero, le prime luci che si accendono, il ponte di Calatrava e la mia vicina di casa che entra ed esce dal suo balcone … e praticamente anche dal mio, visto che sono attaccati! Che movimento … tra un treno che passa, il vociare della gente e la musica che suona a piazza Prampolini. Vivo ad un passo dal centro, devo solo attraversare la strada e la parte più carina della città è alla mia portata. Qui è tutto a misura d’uomo. Giro con la mia bicicletta e percorro la città in lungo e in largo. Tutto mi sembra diverso e il sistema spazio-tempo devo ancora imparare a gestirlo. E così anche i reggiani. Con il loro ritmi lenti e i modi calmi e pacati che a volte innervosiscono e altre volte spiazzano. Come la cassiera del bar che quando mi fa il conto della colazione sembra parlare con la voce registrata di una segreteria telefonica. Le porgo i soldi dopo il bip ma storco il naso di fronte al tono un po’ freddo sebbene estremamente gentile. Insomma, mi chiedo, dov’è finita quella signorotta ingrugnata che a Roma mi spintonava sull’autobus per salire? Qui mentre impenno sulla bici scampanellando e urlando “pistaaaa!” sul marciapiede pedonale un vecchietto si ferma e si mette di lato: “scusi signorina, non l’avevo proprio vista”. Ma si può? Dico io. Neanche un: “ma guarda sta stronzaaaa!”. Niente di niente. In scia alle mie ruote fiammanti solo l’imbarazzo di un povero vecchietto che si è sentito d’intralcio. E il mio senso di colpa che continua a pedalare, sempre più veloce.
E pedala, pedala … chissà dove arriverò. A volte mi fermo e mi chiedo: “ma cosa diavolo ci faccio qui?”. E la risposta non è sempre a portata di mano. Spesso devo ripercorrere certi stati d’animo e alcune scelte che mi hanno spinta fin qua. A quel punto sotterro la solitudine e cerco di vedere 400 km da una nuova prospettiva. Già qui, dal balcone al sesto piano sembrano meno di quello che sono. Su per giù il ponte di Calatrava dista meno di un centimetro dalla ringhiera del balcone. Esattamente un’ unghia del mio pollice, per essere precisi. Forse per arrivare a Roma me la caverei con qualche metro. Il trucco è usare il giusto scalimetro e non smettere di pedalare sapendo che ciò che realmente si vuole si può sempre raggiungere, ovunque sia.

E a pochi giorni dai miei fatidici 30 anni mi ritrovo qui a fare strane congetture su fantomatici righelli.
C’è qualcosa che non mi quadra: ho preso male le misure?

3 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ciao Beatrice,
mi sono imbattuto per caso nel tuo blog.
Ho fatto un giro qua e là per i tuoi post, che dire,
mi hai fatto passare un pò di tempo in vero relax.
Scrivi veramente bene, complimenti!!!
Sarà che sono sempre più convinto che non esiste chi scrive peggio di me ^_^
Ho deciso di lasciare un commento su questo tuo ultimo post perchè l'ho trovato veramente interessante, simpatico, originale.
Da una parte ho notato la "paura" di questo cambiamento, ma allo stesso tempo l'emozione e anche la curiosità che ci avvolge quando ci si tuffa in qualcosa di nuovo.

Posso dire di conoscerti solamente attraverso i tuoi messaggi, ma posso sicuramente affermare che sei una persona che merità quel "qualcosa in più"
e se questo qualcosa si trova a Reggio Emilia, o anche dall'altra parte del mondo..cosa importa???
Sei giovane ed hai una vita davanti.
Se hai fatto questa scelta è perchè qualcosa dentro te ti ha spinto a farla.

Ti faccio i miei più sinceri auguri per questa tua nuova esperienza,
sperando che tu viva tutto il resto della tua vita con lo stesso entusiasmo che ho letto nel tuo post.

P.S.
Attenta ai vecchietti!!!!!

^_^......^_^........^__^

6:56 PM

 
Blogger Beatrice said...

Mi stupisco ancora che qualcuno passi di qui per caso e lasci un messaggio ... :)
Per quel "qualcosa in più" cercherò di impegnarmi in prima persona. Che ormai lo so che non cade dal cielo!
Grazie davvero.
Starò più attenta ai vecchietti, cosciente che prima o poi saranno coetanei!
NOOOO ... ci siamo quasi!!!
Non si possono rimandare al prossimo anno i 30?!

2:11 PM

 
Anonymous Anonimo said...

I ritmi lenti degli altri li apprezzi solo quando sono in sintonia con i tuoi altrimenti, concordo, possono essere veramente irritanti... rallentano inutilmente i tuoi ritmi di marcia.
I bradipi li incontri solo quando vai di frretta e nella loro esasperante lentezza sembra nascondersi sempre l'intenzionalità di un dispetto. In realtà la loro lentezza è congenita ma con tutto il tempo che ti lasciano per studiare i loro movimenti hai modo di crearti dei film sui retroscena di ogni singolo gesto fino a credere che quella sequenza infinita di fermo immagine sia stata studiata apposta per farti fare tardi!

I modi gentili invece li apprezzo sempre... Non credo che potrei avere nostalgia di un “ma guarda sta stronzaaaa!”.
Certi appellativi li ho dovuti subire quando, fresca di patente, prendevo dimestichezza con la giungla cittadina. Devo ammettere che bestemmie e parolacce me le meritavo spesso e volentieri ma non le accettavo con animo sereno. La prima volta (quando mi sfuggì un "dare la precedenza") fu la peggiore: le coattone che erano al volante della macchina non presero bene la brusca frenata e ci fu un inseguimento alla Ronin con successivi calci e pugni a danni della mia povera uno durante una pausa forzata al semaforo. Le volte successive andò decisamente meglio e gli insulti gridati dal finestrino non ebbero il seguito coreografico della prima esperienza ma la mia mortificazione era sempre la stessa.

Io credo che col tempo ti adatterai ai ritmi lenti, ai modi gentili e alle dimensioni ridotte... Spesso sottovalutiamo la nostra capacità di adattamento ma piano piano ci abituiamo a tutto... bisogna solo prenderci confidenza!

2:28 PM

 

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