Oggi ho preso in pieno un bellissimo acquazzone. Di quelli con i goccioloni grassi, che fanno il classico ploc. Quelli che arrivano accompagnati da un bel sole, quando la gente esce di casa senza l’ombrello e appena scroscia li vedi tutti correre, coperti dal giornale che portavano in mano, a cercare riparo sotto una tettoia o dentro a un bar.
Ovviamente sono già tutta da strizzare quando dribblo qualche pozzanghera per finire dritta sotto la tenda di un negozio della via Emilia. La vetrina pubblicizza vecchie musicassette a solo un euro e l’occhio mi cade sugli
Spandau Ballet e
Cochi e Renato. Rifletto su come il prezzo sia più che onesto: neanche mi funziona più il mio vecchio mangiacassette! Al lato in alto sulla vetrina, attaccata alla buona, una stampa invita i clienti ad entrare per testare il proprio stato di stress. Incuriosita mi affaccio alla porta e noto un marchingegno chiuso dentro una valigetta blu. Non so quale sia la reale intenzione di quel test ma il messaggio subliminale che lancia è, in modo molto originale, legato alla musica. Entro senza fare il test e per dissimulare un’attesa che può prolungarsi per chissà quanto, comincio a curiosare tra vecchi vinili e 45 giri. Il negozio praticamente finisce lì: quattro passi di lunghezza per tre di larghezza ed ovviamente sono l’unica cliente. Se mi si fosse materializzato John Cusack, alias commesso di
Alta fedeltà, avrei potuto svoltare l’attesa. Ma un ipotetico Nick Hornby trapiantato nell’Emilia riserba per me un ragazzetto occhialuto seduto su un trespolo che punta estatico un monitor e all’entrata, a lanciare odi alla pioggia, un’anziana signora con i capelli corti ricci color carota su cui spiccano enormi orecchini turchese a clip. Apprezzo la genuinità del negozio non potendo apprezzare altro.
Il ragazzetto d’un tratto mette su un disco. Riconosco quella canzone senza conoscerla. L’ho sentita un giorno, in un momento apparentemente insignificante. Ero in macchina ed era sera tardi. So bene a chi appartiene nei miei ricordi. Mi piace tanto quella canzone. Così allegra e piena di ritmo che mi verrebbe voglia di mettermi a saltellare per il negozio con la nonnina, battendo le mani a tempo. Così mi volto verso il ragazzetto che mi guarda e sorride. Non so come faccia a sorridermi, visto che dalla posizione in cui sono mi rivolge le spalle, e potrei solo vederlo riflesso sul monitor, semmai. Ma sento la necessità di romanzare quel momento. È una necessità che sento sempre quando la vita sembra lanciarmi dei segnali indecifrabili. Appunto: indecifrabili.
Vado dal ragazzetto, con aria anche un po’ fiera a dimostrazione del fatto che il mio essere lì, in quel momento, non è pura casualità legata al diluvio che si scatena oltre la valigetta antistress. Gli chiedo se ha quel cd, quello di cui ora ricordo con esattezza il titolo perché d’un tratto il momento apparentemente insignificante mi ritorna alla memoria in tutti i suo più umili dettagli. Dopo l’adeguato momento di suspense lui mischia le palline ed estrae il bussolotto: c’è l’ultima copia, rimasta lì in attesa che venissi a prendermela.
Non so perchè l'ho raccontato ... forse non c’è niente di fiabesco in tutto questo ed i segnali che leggo sono solo disegni nelle caverne dell’era della preistoria. Non è un messaggio in una bottiglia che qualcuno mi ha destinato, lanciandolo in mare. Né una risposta alle mie tante domande insolute. Penso che se il ragazzetto avesse messo su un’altra canzone avrei semplicemente comprato un altro cd. O magari avrei decriptato lo stesso segnale indecifrabile anche se l’anziana donna si fosse messa a cantare Bella Ciao.
È che a volte ciò che vivo prende la forma dei miei desideri ed interpeto come segni quelli che oltrepassando un confine labile sono già diventati sogni.
Dopotutto ci vuole poco, basta cambiare una lettera.